ITIS Rossi: cenni storici

SINTESI STORICA e per immagini
della SCUOLA INDUSTRIALE DI VICENZA

“Nessuna critica vale il piacere di un ragazzo che legge quello che si è scritto per lui; nessuna emozione è più forte della sua emozione sulle pagine che noi abbiamo pensato per lui.”

FERRUCCIA CAPPI BENTIVEGNA, Alessandro Rossi e i suoi tempi, Firenze 1955, pag. 106.

Alessandro Rossi e il suo tempo

In occasione di un anniversario, è stato detto, ci si deve sforzare di comprendere che cosa ha permesso di percorrere un cammino: restituire cioè il senso del progetto, puntualizzare in qual modo si è evoluto e precisare il grado di aggiornamento e di funzionalità attuale.

Nel caso del nostro Istituto Tecnico Industriale “Alessandro Rossi”, del quale ricordiamo i 140 anni dalla fondazione, è singolare il fatto che la sua intitolazione riporta il nome stesso del suo Fondatore, cioè di Colui che lo ha fortemente voluto, e quindi progettato, finanziato e fatto crescere.

… ma chi era Alessandro Rossi ?

In occasione del 50° anniversario del suo matrimonio con Maria Maraschin, egli fece stampare un librettino con le immagini più significative del suo “curriculum” (letteralmente “carriera della vita”), intitolato “QUALI MACCHINE HO VEDUTE”, quasi a voler raccontare con immagini ciò che lo aveva formato.

Fig. 1: frontespizio del volumetto “Quali macchine ho vedute”.

E’ quanto abbiamo scelto di fare anche noi ripercorrendo, per immagini, la storia della nostra “Scuola Industriale di Vicenza”.

A cominciare dalla storia del giovane Alessandro, “spigolando” in ordine cronologico nel bellissimo e fondamentale testo di Ferruccia Cappi Bentivegna “Alessandro Rossi e i suoi tempi”, edito a Firenze nel 1955.

Cominciarono i suoi dalla montagna; vennero giù col sole da quei monti che noi bambini, e i popoli stranieri, cominciammo a conoscere non per opere di pace serene, per la semplice e cordiale onestà della gente, ma per l’eco di una guerra combattuta aspramente, ed eroicamente, sui valichi e tra le cime; le cime han nome Pasubio, Novegno, Cengio, Cimone, Monte Grappa e Asiago, Folgaria e Val d’Astico, Coni Zugna e Ortigara, Vallarsa e Val Posina, Arsiero, l’Astico, l’altopiano dei Sette comuni. Non c’è sentiero di questi monti che nel 1914-18, non sia stato conteso all’invasore; non c’è caverna che non abbia rimbombato dei colpi di cannone, e, tra le pause, non abbia raccolto i gemiti dei feriti e l’ultimo respiro dei morti. Sotto le cime aspre fioriscono di verde le valli silenziose, odorano di sole le pinete degli altopiani; lì sorgono , nella pace e nel lavoro, i villaggi; di lì la gente fugge alle invasioni e alla guerra. Destino terribile, onore tragico delle genti di confine, fin che confini rimangono interessi e soprusi.
Di là era fuggita anche la famiglia montanara di Alessandro Rossi all’incalzare di un’altra guerra, cent’anni prima, quando gli Absburgo premevano, dal Tirolo, sul Trentino e su tutta la zona alpina della Repubblica Serenissima veneziana, per difendersi dall’avanzare rapido, incauto ma decisivo, dell’esercito napoleonico.

Da Santa Caterina di Lusiana, il villaggio più meridionale dei Sette comuni, con gli altri pastori anche i Rossi scesero dal monte doppiamente minacciato.
Parte scese a Schio, parte della numerosa famiglia andò a Sovizzo, ch’era già paese loro d’iscrizione: vi nascevano i figli e poi le madri risalivano il monte, portandoseli nelle braccia; a Sovizzo svernavano nelle stagioni più rigide. Ma Schio era più sicura. A Schio, sgomenti, s’accamparono nella valletta dei frati Cappuccini, sotto la rocca e il castello; e poiché da tempo antichissimo Schio era città di lanaioli, i pastori e i raccoglitori di lana speravano di sistemarsi, qui, e di collaborare direttamente e in buon accordo con questi tessitori…

Alessandro (classe 1819) era il quintogenito della famiglia; buono, allegro, generoso, abile nei giochi, pronto agli scherzi, rispettoso ma senza timidezze, non era stoffa da chierico; e tuttavia fu messo anch’egli in seminario a Vicenza perché potesse seguire un corso superiore di studi.

Il giovanissimo Alessandro Rossi, che cominciò a gustare Virgilio e Teocrito fra l’Astichello e il Bacchiglione, dovrà a questi suoi anni e a questi suoi studi di seminario, l’amore del gusto e del pensiero classico anche quando se ne farà ozio e conforto tra una seduta al Senato e un’adunanza d’affari internazionali; egli comporrà esametri latini scambiando, con gli amici, pensieri, ricordi, speranze, di là dalla prosa serrata del suo solito mondo d’affari e oltre il palcoscenico rotabile della vita parlamentare .

Al termine del corso di studi in seminario, Francesco Rossi chiamò suo figlio a lavorare in fabbrica; e il lavoro proprio e l’altrui diventò per Alessandro la sua scuola, la sua arte, la sua filosofia.

Entrò in fabbrica come operaio nel 1836. Aveva diciassette anni, una cultura classica non comune, intelligenza geniale, volontà forte, limpida coscienza, e una generosa lieta bontà del cuore; nessuna ombra di pessimismo oscurerà mai la sua mente, neppure quando avrà davanti agli occhi l’orizzonte torbido di un mondo finanziario in crisi; sentirà profondamente il dolore e le ingiustizie, ma non conoscerà mai i tentennamenti del dubbio morale e il pessimismo della prudenza eccessiva. La bontà del suo cuore lo porta all’ottimismo, la gentilezza dell’animo alla speranza; la generosità dei propositi all’azione utile immediata. …. Non fu uno straordinario giovanotto, ma fu un giovane equilibrato e sereno; le sue doti morali erano misura ed armonia, più che espressioni eccezionali e precoci; sua forza fu la volontà perseverante.

Nel 1839 il padre lo chiama a coadiuvarlo nella direzione dell’opificio e, contemporaneamente, entra a far parte della commissione per il tratto di strada ferrata della linea Milano-Venezia che andrà a interessare la provincia vicentina. Sarà una esperienza importante per il progetto della linea Vicenza-Schio che egli stesso proporrà e porterà a compimento con l’inaugurazione nel 1876.

Sulla prodigiosa strada che forzerà a correre con la forza del vapore la locomotiva, egli vede trasportati per il mondo pannilana che Schio tesse e produce; sulla velocità del traffico bisognerà intensificare la rapidità della produzione; ma potranno queste macchine giungere a tanto? Ne discute col padre, ma …. Francesco Rossi ha già molto osato ai tempi suoi!
Osa Alessandro, oserebbe, e vorrebbe andare all’estero a vedere macchine più perfette…

L’occasione arriva nel 1840.

Aveva ordini diretti e immediati dal padre per Manchester, Oldham, Birmingham, Sheffield. Visitò lanifici e fonderie, filatoi e tintorie; e di tutto, con quella sua scrittura chiara, regolare e elegante che riflette le sue chiare idee e il suo coscienzioso ordine interiore fino alla tarda età, stese esatte e concise relazioni per l’amministrazione paterna dell’opificio di Schio.

Suo padre lo credeva ancora a Liverpool a trattare di lane cardate e pettinate, ed egli passava da una all’altra banchina del porto di Newcastle, seguendo il lavoro degli scaricatori di carbone, interrogandoli; s’interessava di coke, di ferro grezzo e ghisa e di quelli che li lavoravano; sapere le loro paghe e, per ogni genere, la tassa di consumo…

Lungo le vie fangose che costeggiavano i muri delle fabbriche di Nottingham, aveva veduto bambini denutriti piangere per la fame, e la madri scarnite e mute, stendere per essi la mano. Questo, dunque, s’aspettava di vedere al suo paese, quando vi fossero giunte le grandi macchine nuove che suo padre aveva accondisceso che ordinasse, per il miglioramento e il progresso dell’opificio?…..
”L’ansia mi prese di ritornare a Schio e mettermi di lena a studiare un sistema di armonia e di giustizia che regolasse il lavoro nostro e dei nostri operai”.

Fu poi nel Belgio, a Verviers, dove la ricchezza delle miniere e l’industrializzazione del paese era fiorita rapidamente per opera di ingegneri abilissimi e di maestranze attive e intelligenti. Passò poi a Reims, Sedan e quindi a Parigi, dove ebbe occasione di fare conoscenze importanti.

Al ritorno …

Schio con le sue casette e i comignoli antichi e la ciminiera bassa e le macchine così piccole e già vecchie al confronto di quelle degli opifici inglesi da apparire ridotte di misura, gli sembrò un villaggio di quieti ed antichi tessitori; e Vicenza, nello splendore immoto dei suoi marmi, la borgata del sonno.

Negli anni che seguirono, fino alla morte del padre avvenuta nel 1845, Alessandro Rossi completa uno studio profondo di vita proprio in quelle vite oscure d’uomini soltanto salariati ed affaticati; si avvicina e conosce ad uno ad uno operai e garzoni, donne e ragazzi.
Si convince che di sola carità e di filantropia non può essere fatta l’assistenza morale e materiale del popolo. Il popolo ha il diritto d’essere spiritualmente e materialmente elevato, e deve giungere a tale coscienza di se stesso e dignità, da preferire il lavoro alla beneficenza, il risparmio all’elemosina, la previdenza ad ogni forma di filantropia; e la generosità dei ricchi, quando ci sia, diventi fraternità di spirito e non umiliante soggezione.

E arriviamo al 1868.

Alessandro Rossi, che già aveva dedicato la sua attenzione e il suo lavoro come direttore didattico per il circolo di Schio subito dopo il 1866 con l’annessione del Veneto all’Italia, eletto deputato e poi senatore del Regno nel 1870, viene in contatto con il marchese Giuseppe Ignazio Trevisani di Fermo nelle Marche, anch’egli senatore e fondatore, già nel 1854, di un Istituto di Arti e Mestieri a Fermo, sul modello delle “Écoles d’Arts e Métiers” di Parigi. Era una scuola professionale innovativa per il suo genere in Italia, in quanto prevedeva non solo lo studio teorico e il lavoro di officina ma anche il convitto obbligatorio per gli allievi e parte degli insegnanti: scuola–officina–convitto come sintesi di una efficace formazione.
Fu l’occasione per “affrontare quello che era il suo sogno da molti anni, e anche il suo studio più preciso, la sua preparazione minuziosamente coscienziosa, informata, aggiornata: la scuola tecnica professionale” .

L’esame critico di Alessandro Rossi, dopo aver visitato varie sedi di istituti tecnici (già esistenti) e aver studiato e sondato giovani provenienti da quelle scuole e giunti al traguardo del lavoro alle sue fabbriche assolutamente impreparati, se non incapaci, è triste e tuttavia obiettivo:

“…Agronomia senza arnesi, Agrimensura senza strumenti, Botanica senza orti, Chimica senza laboratori, Meccanica senza officine. Si lasciarono il greco e il latino, ma non si imparano le lingue moderne….”

Tramite il Trevisani stabilisce un rapporto diretto con l’ing. Hyppolite Langlois, che dell’Istituto d’Arti e Mestieri di Fermo era il direttore, venuto appositamente da Parigi nell’agosto del 1863, con programmi e metodi già adottati nelle Écoles francesi. A partire dal 1868 inizia così tra Rossi e Langlois una feconda sinergia costituita da incontri ma soprattutto di lettere, a volte anche frequenti e corpose, allo scopo di creare una Scuola Industriale a Vicenza.

… troppi teorici, e troppo pochi gli esperti del mestiere; bisogna elevare i migliori operai a conoscere il proprio lavoro anche dal punto di vista teorico, essi che la pratica l’han nelle mani, nell’esperienza, nella laboriosità; e nello stesso tempo, avvicinare e approfondire la conoscenza teorico-scientifica di tutti quei giovani, anche di famiglie benestanti , che dimostrino amore alla meccanica, addestrandoli alla pratica dell’officina; e gli uni e gli altri unirli in convitto, talchè, nel processo educativo dello studio e del lavoro, abbinati e solidali, sorga la coscienza industriale che unisca abilità a onestà, che fondi coscienza del lavoro con la morale del lavoro, lo spirito di iniziativa con lo spirito di associazione, il senso del dovere individuale con la responsabilità sociale.

Alessandro Rossi espose questi princìpi al Congresso Nazionale degli Istituti Tecnici a Firenze nel luglio del 1877, e il 1 Novembre 1878 la nuova Scuola Industriale di Vicenza potè avere inizio nei locali dell’ex convento domenicano di S. Corona che il Comune di Vicenza aveva messo a disposizione.

 

fig. 2: ritratto di Alessandro Rossi. Dipinto ad olio su tela del pittore vicentino Giovanni Busato (1806-1886), datato 5 ottobre 1877, dono della Deputazione Provinciale al sen. A. Rossi in occasione della Delibera del 5 ottobre 1877 con cui il Consiglio Provinciale di Vicenza ha approvato l’istituzione della Scuola Industriale di Vicenza. Il dipinto è attualmente esposto nell’Ufficio di Presidenza dell’Istituto

 


fig. 3: Sede storica della Scuola Industriale di Vicenza a S. Corona. Acquerello di Galliano Rosset, 1996

 

ITIS Rossi: cenni storici

Primo Direttore fu l’ing. Cesare Bortolotto, ma per Alessandro Rossi il direttore “in pectore” doveva essere l’ing. Langlois, che in un primo tempo si era reso disponibile ad assumere la “bina direzione ” delle due Scuole di Fermo e di Vicenza.

fig. 4a: ritratto di Hyppolite Langlois

 

fig. 4b: lettera di convocazione della Giunta della nuova Scuola

 

fig. 4c: bozza del telegramma da inviare all’ing. Langlois per la presentazione come Direttore.

fig. 5: manifesto 1 novembre 1878

 

fig. 6: Statuto originale

 

Subito fin dal primo anno della formazione della scuola, fin dal 1878, i giovani vennero numerosi da ogni parte d’Italia. Oltre gli elenchi e le relative note informative della direzione e della segreteria, si trovano lettere di padri di famiglia anche dei centri meno progrediti d’Italia, oggi e allora: un modesto capostazione delle Puglie, un portalettere di vallata bergamasca, un giornalaio napoletano, un fabbro torinese con lettera accompagnatoria di Edmondo De Amicis, tanto da sembrare, la domanda, del padre stesso di Garrone del “Cuore”. Andò anche un fabbro vicentino ad iscrivere il figlio, un ragazzo dagli occhi straordinariamente intelligenti e volitivi: questi diverrà uno dei migliori allievi, sarà uno dei migliori capi dell’ industria della nuova generazione nella zona: Giacomo Pellizzari di Arzignano, che è stato l’anima della sua azienda e per molti anni dell’Associazione degli Ex Allievi dell’Istituto Industriale di Vicenza .

Superato il periodo di prova, il Fondatore, per dare maggiore impulso alla Scuola, chiamò alla Direzione l’ing. Ernesto Carlo Boccardo, giovane ingegnere genovese, che dal 1886 al 1918 fu direttore attento e capace.

 


fig. 7: ing. E.C. Boccardo – Direttore della Scuola Industriale

Nel frattempo, e correva l’anno 1884, anche la Scuola d’Arte e Mestieri di Fermo, la prima “scuola–officina–convitto” d’Italia, dopo aggiustamenti di programmi ed attrezzature, diventa, sempre con l’impulso dell’ing. Langlois, “Scuola Industriale delle Marche”.

1898 : il 28 febbraio muore a Santorso il fondatore Alessandro Rossi.
Si chiude così il primo ciclo della Scuola, che passa dallo stadio sperimentale alla definitiva sistemazione proseguendo sicura nel proprio cammino fino a conquistare la fama di primo fra gli Istituti italiani del genere.

Cenni storici della Scuola Industriale dal 1898 ai nostri giorni

La Scuola Industriale di Vicenza assume, dal 1898, la denominazione di

“Scuola Industriale Alessandro Rossi”.

Fin dalle sue origini, la Scuola ha mantenuto la sua caratteristica fondamentale, impressa dal Fondatore: l’innovazione.

Nel 1911 la Scuola prende il nome di “Regio Istituto Nazionale Industriale “Alessandro Rossi” con programmi e Statuto approvati con i R.R. D.D. 23 Aprile 1911 n° 1014 e 5 Novembre 1911 n° 1320. I diplomati dopo il 4° Corso Normale ottengono il titolo di Perito Elettromeccanico.
Una importante innovazione portata da quest’ultimo ordinamento è l’istituzione di un Corso di Applicazione (5° Corso): ai promossi viene rilasciato il diploma di Direttore tecnico nelle industrie meccaniche ed elettromeccaniche.

Con il Regio Decreto 22.6.1913, n° 1014 (art. 217), il diploma di Perito Industriale è titolo per la iscrizione negli Albi dei Periti tecnici compilati dai Tribunali e per l’ammissione ai Politecnici di Milano e Torino e alla Regia Scuola Navale Superiore di Genova.
Questo Decreto è stato fondamentale nella storia dei Periti industriali in quanto ha consentito a molti diplomati di conseguire la Laurea in Ingegneria presso i Politecnici indicati.
Nel 1916, con decreto 26 novembre 1916 n° 1879, il Ministero di Industria e Commercio, nel quale l’Istituto “A. Rossi” era inquadrato fin dalla sua fondazione, classificava la nostra Scuola quale Regio Istituto Industriale di III° grado, in compagnia dell’Istituto analogo di Fermo.

 

VICENDE DELL’ISTITUTO
DURANTE IL PERIODO DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE (1915-18)

In seguito alla dichiarazione di guerra del 24 maggio 1915, la Scuola, per la buona attrezzatura delle sue officine, mise a disposizione dell’autorità militare tutto il suo apparato industriale, così che la Direzione Tecnica dell’Aviazione Militare di Torino affidò la lavorazione di parti metalliche di aeroplani alle Officine dell’Istituto, coadiuvate da maestranze esterne.
Con i lavori per l’Aviazione Militare dalla fine giugno 1915, per tutto il 1916 e 1917, pari a a una cifra media di produzione di circa 200 mila lire mensili, fu così possibile costruire e montare aeroplani completi, per il montaggio dei quali venne costruito un padiglione apposito in legno a due piani. Per tali lavorazioni si impiegarono in media 200 operai specializzati (esterni) oltre agli allievi dell’Istituto.

Iniziato l’anno scolastico 1917-18, in seguito alla “rotta” di Caporetto del 24 ottobre 1917, il Comitato regionale veneto di Mobilitazione industriale ordinò la chiusura di tutte le Officine venete e il loro trasferimento oltre il Po [11 novembre 1917: ordine di sgombero; fig. 24 e fig. 25].

L’Istituto trovò sistemazione a Roma, dove si trasferì, con 43 vagoni ferroviari. Nel gennaio del 1918 fu possibile riprendere le lavorazioni sospese (con l’apporto di maestranze della ditta Pellizzari di Arzignano, anch’essa costretta al trasferimento) e pure l’attività scolastica, seppure con numero ridotto di allievi (93, compresi alcuni nuovi iscritti di Roma, dal momento che nella Capitale non esisteva un Istituto Tecnico Industriale).
In complesso durante tutti i lavori si produssero materiali di aviazione per complessive Lire 2.564.745,45.
La sede di Vicenza venne occupata da un Ospedale Americano.
L’8 marzo 1918 muore a Roma il Direttore della Scuola, l’ing. Ernesto Carlo Boccardo, che era stato richiamato in servizio militare come colonnello della Croce Rossa.
L’anno scolastico 1918-19 si chiuse a Roma con 19 diplomati, mentre il nuovo anno potè iniziare nella sede ripristinata di S. Corona.
Con l’anno 1919-20 continua però l’attività, con gli allievi romani, anche la ”sede staccata” del “Rossi” a Roma che, negli anni successivi, diventerà l’Istituto Tecnico Industriale “G. Galilei” di Roma.

Per un approfondimento si veda la pagina del Giornale di Vicenza dedicata al “centenario” del trasferimento dell’Istituto a Roma.

Intanto al “Rossi”, dal 1920, sono istituiti Corsi Serali per ex combattenti e operai, per rispondere alle necessità di riqualificazione del personale tecnico.

fig. 8: 1922 – corsi serali per operai

 

Alla presidenza, dopo la morte dell’ing. Boccardo, si succedono alcuni insegnanti dell’Istituto e alcuni Direttori “di transizione”. Tra questi, in particolare, ricordiamo l’ing. Mario Tomassetti di Roma, già insegnante alla sez. staccata del “Rossi” a Roma e poi divenuto preside dell’I.T.I. “Galilei”.
Nel 1922 sono istituiti Corsi extracurriculari per telegrafisti e motoristi aeronautici, mentre continuano i Corsi festivi per conduttori di caldaie a vapore, attivi fin dai primi anni della Scuola.
Nel 1928 viene nominato alla presidenza il Comm. Mario Pantaleo di Roma, che contribuirà a dare un notevole impulso alle attività dell’Istituto.
Infatti nel 1930 è istituito il nuovo Corso di specializzazione per Periti in Radiotecnica, primo in Italia unitamente a quelli istituiti nelle sedi di Fermo, Torino e Roma. Il Corso è diretto dall’ing. Pietro Lovisetto, già ex allievo dell’Istituto e laureato in Ingegneria al Politecnico di Torino. Contemporaneamente è istituita una Scuola di Avviamento al lavoro annessa all’Istituto.


fig. 9: 1932 – sala ricezione e trasmissione R.T.

Nel 1931 è istituito il Corso per Periti in Costruzioni aeronautiche, anche questi uno dei primi in Italia, che già era stato programmato dall’ing. Tomassetti nella sua breve ma laboriosa permanenza alla direzione del “Rossi”.


fig. 10: 1940 – reparto costruzioni aeronautiche

Con l’avvento alla presidenza, nel 1938, dell’ing. Sergio Zanarotti di Vicenza si comincia a pensare a una nuova sede, ma lo scoppio della seconda guerra mondiale, nel giugno 1940, rinvia il progetto. L’Istituto industriale rimane al suo posto, ma il 14 maggio 1944 la scuola è colpita e danneggiata da un bombardamento. Fortunatamente il bombardamento avviene di domenica, con la scuola vuota e non ci sono vittime.


fig. 11: 1944 – Aula magna dopo il bombardamento

Il dopoguerra vede la presidenza dell’ing. Sergio Zanarotti impegnata nella ripresa delle attività e nello sviluppo del progetto della nuova sede.
Nel frattempo, con grande spirito di innovazione, sono costituiti nel 1952 i Corsi post diploma in Televisione e in Elettronica Industriale. A progettarli, due “grandi” docenti, ricercatori e precursori delle nuove tecnologie per l’automazione: l’ing. Pietro Lovisetto e il prof. Giuseppe Magnifico, entrambi ex allievi dell’Istituto.

fig. 12: 1953 – Corso post-diploma di E.I.: lezione sul primo “cervello elettronico


fig. 13: 1953 – Corso post-diploma di Televisione

Nel 1953 viene posata la prima pietra del nuovo Istituto in Via Legione Gallieno, con una cerimonia alla quale intervengono tutte le Autorità cittadine: il Vescovo mons. Carlo Zinato, il Sindaco Giuseppe Zampieri, il Prefetto Gioacchino Palutan, il presidente della Provincia Giorgio Oliva e l’on. Mariano Rumor.

 

fig. 14: 1953, la “prima pietra” del nuovo istituto in via Legione Gallieno

 

fig. 15: 20 settembre 1953 – Cerimonia di posa della “prima pietra”

L’inaugurazione ufficiale avverrà nel novembre del 1961, alla presenza del ministro della P.I. sen. Giacinto Bosco, quando ormai tutte le attività scolastiche si erano già trasferite e sistemate nella nuova sede.

foto 16: 1961 – Inaugurazione nuovo Istituto di Via Legione Gallieno

Lo sviluppo industriale della nostra Provincia richiedeva sempre più personale qualificato, sia nel tradizionale settore elettromeccanico, sia in quelli emergenti chimico-metallurgico ed elettronico.
Si hanno così le attivazioni di Corsi diurni in varie sedi della Provincia, dapprima come sedi staccate del “Rossi”, divenute in seguito autonome, e di Corsi serali nella sede di Vicenza.

a Bassano del Grappa
1958 – sez. staccata del “Rossi” : Elettrotecnica e Meccanica
dal 1962 – istituto autonomo come ITIS “Bassano”
dal 1971 – istituto autonomo come ITIS “Enrico Fermi”

a Schio
1960 – sez. staccata del “Rossi” : Elettrotecnica e Meccanica
dal 1965 – autonomo come ITIS “Silvio De Pretto”

a Montecchio Maggiore (Alte Ceccato)
1962 – sez. staccata del “Rossi” (biennio)
in seguito “IPSIA Ceccato”

a Vicenza:
1965: Corsi Serali per Periti Meccanici ed Elettrotecnici

a Thiene
1965 – sez. staccata del “Rossi” (biennio)
dal 1974 – triennio Elettrotecnica
dal 1976 – triennio Elettronica industriale
dal 1979 – autonomo come ITIS “Giacomo Chilesotti”

Nel 1964 è istituito il Corso per Periti in Metallurgia.

foto 17: 1964 – Inaugurazione del Corso in Metallurgia, con la presenza del preside ing. Sergio Zanarotti, del sen. Giorgio Oliva, del direttore del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto dr. Igino Fanton e del prof. di chimica dr. Giuseppe Bettinelli

Nel 1965, in collaborazione con il Ministero Affari Esteri, è istituito un Corso triennale per insegnanti dell’Arabia Saudita. E’ un’esperienza molto interessante perché con essa l’Istituto apre le porte al mondo.

Nel 1967 il preside Zanarotti si fa promotore dei primi Corsi post diploma per Periti Subacquei a livello nazionale. L’impegno è molto elevato, anche da un punto di vista finanziario, perché le esercitazioni pratiche devono svolgersi settimanalmente entro una “vasca” fuori terra fatta costruire appositamente all’interno di un “modulo” della zona laboratori (vasca tuttora esistente ma inutilizzata). Inoltre i programmi prevedono esercitazioni “sul campo” a Riva del Garda, con immersioni nel Lago di Garda e apparecchiature professionali speciali (la mitica camera iperbarica Galeazzi e il laboratorio subacqueo “Asteria”).

fig. 18: 1969 – esercitazioni in vasca

 

fig. 19: 1975 – esercitazioni a Riva del Garda

Se con l’attivazione del Corso di Specializzazione post- diploma in Elettronica industriale nel 1952 l’Istituto, primo a livello nazionale, aveva dato inizio alla didattica e alla ricerca nel settore dell’Elettronica, parola a quel tempo semisconosciuta, con l’inizio degli Anni Settanta, preside l’ing. Livio Bernes, l’Istituto, che già aveva acquistato macchine Olivetti a schede perforate per elaborazione di dati, acquisisce, per donazione dalla ditta Bassetti di Milano, il computer Olivetti Elea 6001, il primo computer al mondo interamente a transistor. Anche se ormai obsoleto, il grosso calcolatore, 80mq. di superficie occupata, 15 KW/ora di consumo a regime, ma completo di tutte le periferiche e programmabile in linguaggio FORTRAN, ha costituito per allievi e insegnanti di tutti gli indirizzi un efficace stimolo per l’innovazione verso le nuove tecnologie.

fig. 20: 1970 – elaborazione di dati con calcolatore Olivetti ELEA 6001

Seguirono infatti acquisizioni importanti di nuove apparecchiature elettroniche come il P602, il PET 2001 (primo personal computer con monitor incorporato) e, nel settore meccanico, il primo centro di lavoro a controllo numerico GALAXI (1975).

fig. 21: 1975 – Centro di lavoro a controllo numerico “Galaxi”

Anche l’Amministrazione dell’Istituto si adegua alle nuove tecnologie acquistando nel 1984, per circa 80 milioni di lire, un minicomputer DPS6 per la gestione della segreteria didattica e amministrativa.
Nel 1985, in collaborazione con l’Associazione Industriali di Vicenza e lo Studio Synthesis di Vicenza, sempre per iniziativa del preside ing. Livio Bernes, vengono attivati i primi Corsi C.A.D. (Computer Aided Design) per operatori industriali, con sistema operativo DOGS 3D della Pafec Ltd, con docenti dell’Istituto opportunamente formati alle nuove tecnologie di programmazione.

Ormai le nuove tecnologie impongono la revisione dei programmi scolastici e così nel 1987, in sintonia con il Ministero della Pubblica Istruzione, sono istituiti Corsi sperimentali per “Meccanica robotica” e i Corsi “Ambra” per “Telematica” e per “Elettrotecnica e Automazione”, aprendo così la strada all’innovazione degli indirizzi di specializzazione.

Nel 1994 l’Istituto è così pronto ad attivare i Corsi di Nuovo Ordinamento, secondo le direttive ministeriali:
• Meccanica (diurno e serale)
• Meccanica per lavori subacquei e iperbarici
• Metallurgia
• Elettrotecnica industriale e Automazione (diurno e serale)
• Elettronica e Telecomunicazioni

preludio ai nuovi indirizzi che caratterizzeranno l’istruzione tecnica al “Rossi” negli Anni Duemila.

Da alcuni anni infatti sono attivati i nuovi indirizzi nel settore tecnologico:

• Chimica e Materiali
• Elettronica ed Elettrotecnica (diurno e serale)
• Informatica e Telecomunicazioni
• Meccanica, meccatronica ed energia (diurno e serale)
• Trasporti e logistica

e contemporaneamente, precisamente nel 2010, il nostro Istituto ha raccolto ancora una volta una sfida impegnativa.
Si è fatto promotore, come Istituto di riferimento, della nascita di una nuova realtà nel campo della formazione post diploma:

l’Istituto Tecnico Superiore (I.T.S.) Meccatronico Veneto.

Recentemente inseriti nel sistema formativo italiano (settore terziario non universitario), gli ITS sono delle scuole speciali di tecnologia che, configurate con lo status di “fondazione di partecipazione”, si occupano principalmente di coprire il level 5 del sistema EQF (European Qualification Framework), intermedio tra il diploma di scuola media superiore e la laurea triennale. La Fondazione annovera tra i propri soci sia enti di tipo formativo (scuole superiori, Università, centri di formazione professionale) sia aziende e associazioni datoriali oltre che organi istituzionali quali le amministrazioni provinciali.

logo dell’Istituto Meccatronico Veneto

Attualmente la proposta formativa dell’ITS Meccatronico Veneto si articola su corsi biennali con rilascio di diploma statale di “Tecnico Superiore” svolti nelle cinque sedi di Vicenza, Treviso, Padova, Verona e Schio ed impegna circa 250 allievi suddivisi sui due anni di corso. La Fondazione sta operando per l’apertura di nuove sedi dislocate in modo decentrato sul territorio regionale.

fig. 22, 23: 2017 – TeamWorking

 

Per approfondire leggere la presentazione dell’ITS Meccatronico Veneto.